LA PSICOLOGIA DELL’ETA’ EVOLUTIVA INCONTRA LA CINOFILIA Parte 1

LA PSICOLOGIA DELL’ETA’ EVOLUTIVA INCONTRA LA CINOFILIA:

consapevolezza psicofisiologica e legame di attaccamento 

Elena Shumilova 4
by Elena Shumilova

di Tiziana Franceschini

Leggi l’articolo completo

Parte I

 

Introduzione

Nel 2007, quando Riccardo Totino mi ha proposto di insegnare psicologia generale agli educatori cinofili, ho accolto l’idea come una sfida aperta. Come era possibile trasporre le mie conoscenze in un ambito così diverso, un contesto di lavoro a me sconosciuto? Le uniche certezze che avevo erano due: il fatto che se la teoria dell’attaccamento era nata in ambito etologico forse mi poteva essere di aiuto e la certezza di aver condiviso diversi anni della mia vita con un cane. Spinta dalla voglia di accettare questa sfida professionale, resisto alla tentazione di stilare subito un programma delle lezioni e chiedo a Riccardo di passare un po’ di tempo con lui per vederlo lavorare. Osservo come riceve e ascolta le persone, come si relaziona a loro e ai loro cani e dopo ogni incontro rimaniamo a parlare.

Mettiamo a confronto il nostro lavoro per scoprire molte analogie nel modo di porci con i clienti e nell’approccio alle difficoltà che motivano una richiesta di aiuto. Ci accumuna l’attenzione data non tanto e non solo ai problemi che conducono le persone da noi, quanto alla relazione profonda che per qualche strana alchimia dà origine ai problemi osservabili in superficie. Mi stupisco a sentire Riccardo dire ai suoi clienti le stesse cose che io dico a coloro che chiamo pazienti e ci ritroviamo a parlare della relazione con i bambini e con i cani in termini simili. Rincuorata da questo senso di familiarità, inizio a definire un programma di lezioni, che negli anni a venire si fa più mirato e più ricco e, parallelamente, metto a fuoco sempre meglio in cosa possano consistere questi presupposti comuni che hanno a che fare con la relazione tra genitori e bambini e tra umani e cani. L’articolo che segue è il tentativo di rendere condivisibili queste riflessioni, allo scopo di raccontare secondo la mia esperienza quale apporto può dare alla cinofilia la psicologia dell’età evolutiva e, in particolare, la teoria dell’attaccamento.

yourownvet.com_dog-dominates-childrenDipendenza e attaccamento

Cane e bambino vivono in uno stato di dipendenza: un neonato lasciato a se stesso non ha possibilità di sopravvivenza, mentre un cane che entra a far parte di una famiglia umana si abitua presto a essere nutrito e protetto. La dipendenza è materiale e affettiva, perché siamo tutti  animali sociali e abbiamo bisogno del contatto e della relazione con l’altro per apprendere e per crescere. La società contemporanea accentua questo aspetto di dipendenza: i cani per lo più vivono in contesti urbanizzati che non sono tarati sulle loro esigenze e, parallelamente, le tappe dello sviluppo psicosociale prolungano sempre più lo stato di dipendenza nei cuccioli di uomo. I bambini hanno bisogno di un lungo processo di scolarizzazione e acculturazione per apprendere sia le conoscenze culturali accumulate nei secoli, sia gli strumenti e le norme necessari a vivere nella società di appartenenza.

Dal punto di vista psicologico, la dipendenza sostiene la formazione di un legame di attaccamento, definibile come “quell’insieme di comportamenti mirati a mantenere la prossimità verso una persona che viene riconosciuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato”. Nel bambino l’attaccamento si manifesta come ricerca del contatto fisico e della vicinanza alle figure di riferimento, allo scopo di avere una base sicura, quel senso di sicurezza che rende possibile l’esplorazione dell’ambiente. Negli anni l’attaccamento evolve diventando sempre più biunivoco, come avviene nella coppia, dove la dipendenza è prettamente affettiva e reciproca.

Con il cane succede qualcosa di simile non solo all’interno della cucciolata, ma anche dopo con gli umani di riferimento e chiunque abbia un animale domestico sa quanto sia forte il legame che si instaura.

Quello che la psicologia aggiunge alle conoscenze etologiche è che l’attaccamento non solo trasmette un senso di protezione che è alla base della sicurezza personale, ma fa da tramite per l’apprendimento di una serie di modelli che hanno a che fare con la rappresentazione di sé, dell’altro e del mondo. Questi schemi, chiamati modelli operativi interni, vengono trasmessi dalle figure di riferimento in modo per lo più inconsapevole, tramite una forma di comunicazione che non utilizza il canale verbale, ma piuttosto quello emotivo-comportamentale.

Se l’attaccamento avviene in un ambiente sicuro, la relazione veicola rappresentazioni positive: pensiamo a noi stessi come degni delle cure che riceviamo e capaci di affrontare il mondo, sviluppiamo un’idea di cosa sia una relazione nutrita dall’amore e ci rappresentiamo l’ambiente come un posto sicuro. Al contrario, se l’attaccamento non è ottimale, i modelli operativi interni si formano sulla base delle difese necessarie a fare fronte alle difficoltà.

Il motivo per cui le prime relazioni di cura sono così importanti è che senza rendercene conto tendiamo a riproporre i modelli operativi interni che ci sono stati trasmessi: per tutta la vita quando instauriamo un legame affettivo (con un amico, il partner, un figlio) agiamo secondo una rappresentazione mentale, affettiva e comportamentale di cosa siano l’amore e l’accudimento.

Questo è più o meno quello che volevo insegnare agli educatori cinofili del corso di Totino, ma l’esperienza con il mio cane mi ha aiutato ad andare oltre. Quando apriamo la nostra casa e il nostro cuore a un cane si crea un rapporto intimo, un legame di attaccamento in cui riproponiamo gli schemi dominanti nella nostra vita affettiva. I modelli di attaccamento sono qualcosa di molto profondo, che tende a organizzare il comportamento, per cui ci domandiamo se la chiave di lettura dell’attaccamento possa essere utile a spiegare i problemi comportamentali che un cliente lamenta quando richiede una consulenza.

Attaccamento in equilibrio tra autonomia e dipendenzaethology.eu

Uno dei motivi più frequenti per cui il comportamento di un bambino o di un cane desta preoccupazione e motiva una richiesta di aiuto è legato alla questione del rapporto tra autonomia e dipendenza, cioè tra libertà e regole. Possiamo lamentare nell’altro un eccesso di autonomia, un’oppositività che mette in discussione la relazione o, al contrario, un eccesso di dipendenza, che induce ansia da separazione e inibisce l’esplorazione dell’ambiente. In entrambi i casi può risultare compromessa la socializzazione, che vuol dire bambini e cani ingestibili.

Per capire in che modo questo livello comportamentale è direttamente collegato ai modelli di attaccamento, dobbiamo sapere che un attaccamento ottimale, detto sicuro,  prevede un buon equilibrio tra autonomia (sono libero di esplorare) e dipendenza (sono legato a te che mi proteggi). Al contrario, un attaccamento insicuro genera uno squilibrio tra queste due polarità, per cui o prevale l’autonomia (sono autosufficiente e non dipendo da nessuno) o prevale la dipendenza (senza di te non posso sopravvivere in un ambiente pericoloso).

Secondo la teoria dell’attaccamento, i problemi comportamentali che possiamo riscontrare in un bambino sono direttamente collegabili ai modelli di attaccamento dell’adulto. Continuando nel nostro esempio, potremmo dire che la relazione che si genera con un figlio attorno al tema delle regole può risultare conflittuale se la nostra esperienza ci ha insegnato che le regole sono un’intollerabile forma di costrizione che limita la libertà o qualcosa di vitale perché manca la capacità di autoregolarsi oppure un imprescindibile elemento che serve a confermare l’autorità dell’altro. Questo tipo di rappresentazioni si collegano direttamente alle prime relazioni affettive, ai modelli di attaccamento.

Se il nostro attaccamento è sicuro, l’equilibrio tra autonomia e dipendenza fa sì che le regole possano essere vissute in modo sereno, come una forma di contenimento, delle indicazioni di cui chi dipende da noi (il bambino o il cane) ha bisogno per orientarsi nel mondo, cioè per adattarsi all’ambiente. Le regole non risultano essere una costrizione, ma funzionano come dei rassicuranti paletti che circoscrivono uno spazio di libertà e di sicurezza, all’interno del quale è possibile mettersi alla prova. Protezione e libertà sono due facce della stessa medaglia: la base sicura rende possibile l’esplorazione dell’ambiente. Inoltre, in presenza di un attaccamento sicuro, l’equilibrio tra queste due polarità è flessibile, perchè i modelli operativi interni sono aggiornabili, in modo da  evolvere con la relazione: il rapporto autonomia-dipendenza e le regole che delimitano i ruoli e le possibilità di ognuno sono elementi che vengono rivisti di volta in volta in funzione del contesto e del ciclo di vita. L’adattamento all’ambiente che ne deriva è la risultante di un processo dinamico di rinegoziazione continua della relazione con l’altro.

 

In che modo questo approccio può esserci utile nel lavoro di educatore cinofilo? Se è vero che i modelli di attaccamento informano il nostro comportamento, come possiamo osservarli?

Continua…

 

Per saperne di più

Jeremy Holmes, La teoria dell’attaccamento, Ed. It. Raffaello Cortina, 1994.

Daniel N. Stern, Il mondo interpersonale del bambino, Ed. It. Bollati Boringhieri, 1987.

 

 

A cura di Tiziana Franceschini
Psicologa dell’età evolutiva, psicoterapeuta clinica, danzatrice, regista, insegnante di teatrodanza e ginnastica posturale. Da anni porta avanti un lavoro di ricerca volto a integrare la psicoterapia all’approccio corporeo, secondo una metodologia chiamata Il corpo in relazione. Nei laboratori di consapevolezza psicofisiologica la mente e il corpo sono uno lo specchio dell’altra: l’attenzione data al corporeo e alla relazione con l’altro permette di osservare i propri schemi motori, cognitivi, affettivi e comunicativi. Uno degli sviluppi più interessanti del metodo prevede lo studio e la complessificazione dei modelli di attaccamento a livello corporeo.
Contatti
[email protected]