È impossibile camminare sul marciapiede col mio cane

Salve,
vorrei un consiglio per insegnare alla mia Margot, splendido setter irlandese di quasi due anni, ad andare in condotta senza guinzaglio. Le vorrei sottolineare però che la ragazza è già andata a scuola di obbedienza ottenendo ottimi risultati, tanto che quando usciamo per la passeggiata finché rimane al guinzaglio riesco a ‘domarla’; nel momento in cui la libero si scatena un vari zig zag e si allontana da me non ascoltando più alcun comando e dando sfogo alle sue caratteristiche venatorie.


Tutto questo mi va bene finché rimango nel parco del quartiere che è recintato, ma camminare sul marciapiede è impensabile… o comunque non mi sento sicura di riuscire a controllare il cane.
Cosa mi consiglia?
Grazie e a presto.
Marina

Salve Marina,
forse non abbiamo lo stesso concetto di ottimi risultati e forse, se ha seguito un po’ le mie pubblicazioni, neanche il concetto di obbedienza.
Quando lavoro con una coppia mista uomo-cane il primo obiettivo è cercare un’intesa tra il cane ed il suo proprietario… un po’ come “capirsi al volo”. Quando c’è comprensione non c’è bisogno di “domare”, soltanto fare cose insieme. I setter sono cani facili se non si pretende da loro di starci vicino come un cane da pastore, se si lascia loro lo spazio per muoversi, annusare, cercare e correre. Non sono stati selezionati per fare condotta al guinzaglio anzi, al contrario, sono stati selezionati (come tutti i cani da caccia) per poter andare da soli, per allontanarsi, senza la vicinanza dell’uomo.

Soltanto dopo che il cane si sentirà soddisfatto sarà disponibile ad apprendere cose nuove e lontane dalla sua natura. Per prima cosa bisogna pensare in positivo e cioè capire cosa stiamo cercando di ottenere. Nel suo caso l’obiettivo è far comprendere a Margot che mantenendo il guinzaglio lento, la condotta è più comoda rispetto a quella che devono attuare i suoi colleghi nordici che tirano le slitte. Pensare positivo significa insegnare il comportamento giusto anziché correggere quello sbagliato.

Di fatto pur essendo l’obiettivo identico: ”camminare alla velocità della persona” nel primo caso si tenterà di segnalare i momenti giusti con premi e gratificazioni, nel secondo si interviene normalmente con punizioni (in genere strattonate) al momento dell’errore. Pur non ritenendo la punizione uno strumento da evitare per principio, l’uso che se ne farà dovrà essere limitato più ad uno strumento che segnala quando il cane sta entrando in errore piuttosto che ad uno strumento di somministrazione del dolore.

Un individuo che subisce sofferenza fisica può tendere ad evitare i comportamenti che la generano, ma nel momento in cui si renderà conto che la persona preposta a tale forma di controllo è più debole, tenderà a riproporre il comportamento: questo significa che non ha imparato come comportarsi ma soltanto come e quando evitare di farsi male.
I cani amano assecondare le richieste degli umani perché questi sono in grado di provvedere alla soddisfazione di tutti i loro bisogni; questo concetto, nello spirito di gruppo sociale intraspecifico di cui il cane è colmo, si suggella nella riuscita, anche banale, di un esercizio fatto insieme “uomo-cane”. Il cane ama sentirsi utile al gruppo ed ama anche far cose per il suo branco, la frustrazione ispirata dall’incapacità di riuscire, lo porta a rifiutare di comprendere i dettami dell’insegnamento che gli viene proposto perché, per quanto possa impegnarsi, non riuscirà ad evitare la punizione. È per questo che è importante capire che, per educare un cane, bisogna avere chiaro quali siano i traguardi che stiamo cercando di fargli raggiungere.

La differenza tra punizione e segnalazione di errore è più concettuale che pratica: una punizione si somministra ad un individuo quando, intenzionalmente e con consapevolezza si rifiuta di obbedire ai comandi (mettere in atto comportamenti conosciuti su richiesta di un dominante); la segnalazione di un errore è un segnale di “stop” che deve indurre l’individuo a fermarsi e riflettere sul comportamento che sta mettendo in atto. Se non si è un educatore che opera con un animale appartenente a terze persone, è pressoché impossibile rimanere indifferenti quando si somministra una punizione al proprio cane (metodo attuato per inibire un comportamento), mentre se stiamo pensando che stiamo insegnando a qualcuno un qualcosa di cui questo non è a conoscenza, avremmo la pazienza di spiegare, con calma, umiltà e determinazione, finché non saremmo sicuri dell’avvenuto apprendimento.

Durante un apprendimento è normale sbagliare, l’errore serve per comprendere il corretto, se però il costo dell’errore risulta essere troppo alto è probabile che l’individuo si rifiuti di imparare. La logica di molti addestratori dalla quale mi sono dissociato è quella di insegnare a non sbagliare, la nostra scuola di pensiero ci porta ad insegnare a fare bene e, durante il periodo di insegnamento, siamo molto tolleranti con gli errori che l’allievo commette. Ogni tanto mi capita di punire i miei cani, ma questo avviene soltanto quando sono certo che stiano fingendo di non capire, che mi stiano ignorando nonostante la mia richiesta di attenzione ma, comunque, valutando anche l’ipotesi che loro possano avere una ragione più valida della mia che motivi un “insubordinazione” (anch’io posso sbagliare una valutazione).

Ritengo questa lunga premessa indispensabile per entrare nello spirito che serve per mettere in atto i consigli che seguono.

Generalmente i cani molto esuberanti iniziano a “scatenarsi” non appena si rendono conto che sta per iniziare la passeggiata, spesso mettere il guinzaglio risulta un’ impresa perché il cane non riesce a fermarsi e riuscire ad uscire dalla porta, senza inciampare sullo zerbino o rotolare per le scale, è dato più dalla fortuna che da altro. Una buona passeggiata inizia al momento in cui si decide di uscire.
Munitevi di un guinzaglio lungo almeno due metri, quelli estensibili non si prestano per questa tecnica in quanto rimangono sempre in tensione (anche l’opzione di blocco di cui sono dotati non è sufficiente per renderli maneggevoli).

1)  Non preparare psicologicamente il cane all’uscita. (evitare di pronunciare le fatidiche frasi tipo: ”Andiamo giù?” o “Usciamo?”)
2)  Indossare gli abiti e le scarpe ignorando il cane.
3)  Se il cane comincia ad agitarsi, correndo o saltando addosso, sedersi guardando il vuoto o accendere la televisione o fingere di leggere un libro. Dopo un breve periodo di sorpresa il cane si calmerà.
4)  Alzarsi e prendere il guinzaglio, osservare le reazioni del cane ed eventualmente ripetere il punto 3.
5)  Agganciare il guinzaglio al cane ed approssimarsi alla porta di casa.
6)  In assoluto silenzio, aprire con delicatezza quanto basta per attirare la sua attenzione, ma non abbastanza affinché il cane possa passare. Non appena prova ad uscire richiudere la porta. Ripetere questo gioco finché il cane non vi guarderà sorpreso cercando di capire cosa stiate facendo.

Quanto segue si dovrà ottenere senza l’ausilio del guinzaglio che dovrà comunque essere mantenuto con la mano per fermare il cane se e quando sbaglierà. Il cane deve rimanere fermo per effetto del vostro comportamento e della vostra voce, il guinzaglio dovrà essere sempre lento (cioè deve formare una lieve curva scendendo dal collo del cane per risalire fino alla vostra mano) perché se il cane viene trattenuto non può imparare e voi non sarete in grado di comprendere un eventuale avvenuto apprendimento. In sostanza se il cane viene trattenuto dal guinzaglio sarà sempre l’uomo ad indurre l’azione giusta ed il cane non avrà bisogno di imparare. È come assistere un bambino di fronte ad un problema di matematica dandogli ogni volta la risposta giusta prima che lui ci sia arrivato da solo.

7)  Pronunciare la parola “fermo!” allungando il braccio verso il suo viso con il palmo della mano a dita serrate ripiegato verso l’alto (ispirandovi ai cartelli iconografici che indicano un divieto di accesso alle persone).
8)  Frapponetevi tra la porta ed il cane sempre rivolti verso di lui e ricominciate ad aprire la porta che ora è alle vostre spalle. A questo punto davanti all’uscio c’è anche la barriera del corpo umano che andrà utilizzato come tale, se il cane riesce a svicolare e ad uscire riportarlo dentro e ricominciare dal punto 6. Nel frattempo le uniche parole da pronunciare sono di elogio nel momento in cui sembra che il cane stia comprendendo il significato dell’esercizio; il tono da usare deve essere di approvazione ma al contempo pacato e sommesso. Evitare accuratamente di ripetere i comandi, di pronunciare a vuoto il nome del cane e soprattutto non innervositevi se l’esercizio non riesce. Abbiamo già detto che è normale!
9)  Quando il cane inizia a capire il senso dell’esercizio se ne starà buono e fermo davanti alla porta mentre voi fate un passo indietro continuando ad elogiare il buon comportamento. Non appena il cane si alza senza l’autorizzazione fate un passo verso di lui (come ad aumentare il volume del muro umano) per recuperare lo spazio perduto. Il cane dovrebbe fermarsi e guardarvi, pronunciate di nuovo parole di elogio e fate di nuovo un passo indietro sempre tenendo la mano davanti al suo viso.
10) Appena riuscite a superare la porta, con il cane ancora fermo dall’altra parte, lo chiamate pronunciando ad esempio: “Andiamo!” e lo premiate caldamente per la collaborazione.

Lo stesso esercizio dovrà essere ripetuto all’inizio delle rampe delle scale (non tutte) ed in prossimità del portone del palazzo.
Mi rendo conto che può sembrare difficile, ma vi assicuro che è più difficile descriverlo che realizzarlo.
Così facendo la passeggiata inizia con delle regole ben precise e, se si ha fretta di uscire, sarà meglio accettarle in fretta per poter uscire al più presto. Lo stesso meccanismo vale per la condotta al guinzaglio.
Nella condotta al guinzaglio del cane nel contesto urbano non c’è bisogno di ottenere una condotta da esposizione o da brevetto, è sufficiente che il cane impari a mantenere l’andatura del conduttore, a fermarsi quando questo si ferma e seguire la sua direzione. Se consideriamo che nella condotta al guinzaglio l’errore consiste nel portare il laccio in tensione, un guinzaglio lungo permette di ridurre sensibilmente il margine di errore (non va in tensione fino a due metri di distanza) e permette al conduttore di intervenire per segnalare che il cane sta per commettere un errore prima che lo abbia commesso.

1) Non appena il cane inizia a lanciarsi verso qualcosa, bloccarsi impedendogli di raggiungere il suo obbiettivo ed attendere che presti attenzione al conduttore.
2) Allentare immediatamente la tensione del guinzaglio e pronunciare, sottovoce, un delicato consenso verbale “Bravo!” e subito dopo il comando “piede!” Lasciate sempre al cane un tempo (generalmente cinque dieci secondi) per pensare, prima di ripetere un comando. Osservando questi animali si può scoprire che pensano e che hanno bisogno di tempo per elaborare le informazioni in loro possesso.
3) Frequentemente l’approvazione di un comportamento induce il cane a credere che l’esercizio sia finito e quindi mette in atto di nuovo il comportamento che stiamo tentando di correggere.
4) Ripetere il punto 1 e 2 per far comprendere che il segnale “bravo” significa “Continua così!” e non “Finito!”
5) Riprendere il cammino cercando di mantenere l’attenzione del cane sul conduttore: parole gentili e di approvazione, un bocconcino occasionale quando sembra riuscire a mantenere l’attenzione più a lungo del solito, sono strumenti importanti per fargli comprendere che sta riuscendo nel compito che gli stiamo assegnando.
6) Ogni volta che inizia ad aumentare il passo per raggiungere qualsiasi cosa bloccarsi come al punto 1 e far fallire il tentativo.
7) Quando si rassegna al fatto che non potrà raggiungere l’oggetto del suo desiderio con lo slancio o l’aumento di velocità, ripetere il punto 2 ed a guinzaglio lento portarlo in prossimità del posto che voleva raggiungere e permettergli di annusare, urinare o svolgere qualsiasi attività avesse voglia di fare. L’unica condizione è che il laccio non vada in tensione altrimenti finisce la libertà di azione.
8) È importante cambiare spesso direzione di marcia per evitare che il cane tenti di anticiparci e mantenga il dubbio della finalità della meta da raggiungere. Questo ci aiuterà a mantenere l’attenzione del cane sul conduttore.
9) Di tanto in tanto, fermarsi in un punto qualsiasi della strada che si sta percorrendo per insegnargli a rimanere fermo vicino a noi. Anche in questo caso il guinzaglio lungo gli permetterà un margine di movimento piuttosto ampio senza darci noia e seguendo le stesse indicazione descritte finora, il cane imparerà a rimanere vicino al conduttore senza essere trattenuto o strangolato.

Quando il cane avrà compreso cosa gli stiamo chiedendo quando pronunciamo il comando “piede” verificare quante volte si è costretti a ricorrere all’uso del guinzaglio per correggere il comportamento. Ad un certo punto sarà evidente che l’apprendimento è avvenuto ed a questo punto si può tentare la condotta senza guinzaglio. I primi tentativi si dovranno effettuare in aree assolutamente prive di pericoli; mano a mano che si raggiunge un buon livello di controllo si potranno scegliere luoghi con maggiori distrazioni per il cane, fino a raggiungere la totale padronanza della situazione.

Ovviamente, questi suggerimenti devono essere considerare come indicazioni di massima e devono essere adattate alla personalità del cane con cui si sta comunicando; alcuni cani subiscono pesantemente anche la più lieve delle sgridate mentre altri sembrano rimanere indifferenti anche alle più sonore strattonate; alcuni si attivano come calamitati da un insipido croccantini, altri rimangono indifferenti alla tentazione di una salsiccia e così via. Il compito del proprietario di un cane è cercare di scoprire a cosa il suo cane sia sensibile ed utilizzare questi strumenti per insegnare prima e verificare poi se l’apprendimento sia avvenuto. Durante l’insegnamento il costo dell’errore per l’allievo deve essere sempre molto basso e la motivazione molto alta, solo dopo aver avuto la certezza che il cane è in grado di produrre una prestazione ed intenzionalmente si rifiuta di metterla in atto si può ricorrere ad una punizione.